Dalle erbe velenose, nuove batterie al sodio
Un gruppo di ricercatori della Lomonosov Moscow State University e della Skoltech, ha utilizzato una pianta tossica diffusa…
03/11/2022Un gruppo di ricercatori della Lomonosov Moscow State University e della Skoltech, ha utilizzato una pianta tossica diffusa nel paese per creare un materiale anodico di alta qualità per le batterie al sodio.
03/11/2022Esiste una pianta, l’Heracleum sosnowskyi, chiamata anche panace di Sosnowski, che venne originariamente importata nella Russia centrale dal Caucaso come coltura sperimentale da foraggio, ma che oggi rischia di diffondersi in tutta la parte europea del paese. La pianta è invasiva, velenosa e porta con sé un problema sia per la sicurezza umana che per la biodiversità.
Anche in Italia è presente una specie molto simile e ugualmente problematica, chiamata Pànace di Mantegazza o panace gigante, tutt’oggi oggetto di campagne nazionali di rimozione attiva.
Per provare a risolvere questo problema in modo circolare ed innovativo, un gruppo di ricercatori russi si è messo all’opera portando a dei primi importanti risultati. Il carbonio duro prodotto a partire dalla pianta velenosa ha infatti mostrato un’efficienza coulombica dell’87%, valore pari con i migliori risultati riportati per i carboni duri sintetizzati da altre materie prime.
Questa dato mostra la capacità dei materiali di immagazzinare energia senza sprecarla in processi secondari irreversibili che danneggiano effettivamente la batteria. Per quanto riguarda la capacità di accumulo, a circa 260 mAh/g, il materiale non risulta ancora all’altezza delle migliori prodotti (ossia circa 300 mAh/g), ma offre un ottimo inizio.
“Gli esemplari raccolti in estate – spiega la coautrice dello studio Zoya Bobyleva – si sono rivelati migliori in termini di efficienza coulombica del prodotto finale, che è la caratteristica che abbiamo sottolineato in questo studio, perché tende a essere il punto debole degli anodi in carbonio duro. Per quanto riguarda la capacità di accumulo di energia, ci sono modi con cui probabilmente possiamo migliorarla”. I risultati della ricerca sono apparsi su Batteries