Intervista a Jeremy Rifkin: COP21, l’importanza di una nuova visione economica e di Internet per realizzare un mondo più sostenibile
Jeremy Rifkin, professore americano noto per il suo libro La Terza Rivoluzione Industriale, ripercorre in un'intervista rilasciata a EurActiv.com…
26/11/201526/11/2015Jeremy Rifkin, professore americano noto per il suo libro La Terza Rivoluzione Industriale, ripercorre in un’intervista rilasciata a EurActiv.com le sue teorie più che mai attuali in questi giorni sulla fine dell’era dei combustibili fossili, delle tecnologie obsolete e di un’economia in mano a pochi grandi attori sociali. Nella nuova era, che deve essere affrettata per prevenire un disastro climatico, Rifkin vede un futuro in cui ogni persona può produrre la propria energia pulita (grazie alla trasformazione degli edifici in centrali di produzione), e condividerla con gli altri. Tale disegno si incentra su un nuovo modello economico, che è quello dell’economia collaborativa (la sharing economy), dove ogni persona grazie alla connessione internet e allo sviluppo di nuove tecnologie di connessione, potrà ridurre incredibilmente i costi di produzione energetica, fino ad annullarne i costi marginali (creazione di una società a costo marginale zero). Oltre ad una rivoluzione energetico-economica, Rifkin vede la necessità di attuare una rivoluzione culturale, che riporti l’uomo più vicino alla natura.
Nel suo intervento espone la sua visione sulla transizione energetica verso le rinnovabili e la sua opinione sulla COP21, l’appuntamento delle Nazioni Unite per discutere di un accordo globale sul clima che comincerà a Parigi tra pochi giorni. Riportiamo qui di seguito la traduzione di alcune parti dell’intervista, che potete trovare completa in inglese sul sito di EurActiv.com
Giornalista (G): Rispetto alla COP21, quali benefici può portare l’ “Internet delle cose” in termini di ambiente?
Rifkin (R): Ci sono 7 milioni di persone armate di tecnologia portatile, questi trovano costantemente dei modi per aumentare la loro efficienza marginale e la propria produttività, riducendo al contempo i costi. Questa è la società a costo marginale zero, che è la misura definitiva per ridurre il nostro impatto ambientale. Sempre più persone usano meno risorse naturali, tirandone fuori maggiore efficienza energetica e producendo meno rifiuti. La digitalizzazione ci aiuta a condividere cose a costo marginale zero – condividiamo macchine con il car-sharing, giochi, ecc. Quindi la digitalizzazione delle comunicazioni, dell’energia, dei trasporti, sta dando vita ad un’economia della condivisione (sharing economy), che sta trasformando il capitalismo.
Quello che stiamo cominciando a vedere è un sistema economico ibrido. In una parte della giornata, le persone sono compratori e venditori, proprietari e lavorati che producono beni e servizi per un profitto sul mercato. E in un’altra parte della giornata, le persone producono e condividono ogni sorta di beni virtuali ad un costo marginale quasi pari a zeri, al di là del mercato.
Abbiamo visto intere industrie distrutte dal primo avvento di internet – l’industria della musica, dei giornali, libri e riviste se ne è andata.Ma centinaia di nuove imprese, non solo Google, stanno creando piattaforme, network, app, e tutto questo con una maggiore efficienza ed un minore impatto ambientale.
Oggi l’internet delle cose sta incrociando il mondo fisico. Ci sono milioni di persone che producono energia rinnovabile. I costi fissi stanno precipitando esponenzialmente. Il costo marginale in Germania è pari a zero. A volte c’è talmente tanta energia nel sistema che abbiamo prezzi al di sotto dello zero durante il giorno.
G: Quando vede l’arrivo di un costo marginale zero per l’energia?
R: La Germania diventerà al 40% solare ed eolica attraverso la rete in 7 anni. Saremo al 100% prima del 2040. Immagina di poterti connettere ad un sistema di energia a costo marginale zero. E poi la immetti in un sistema di trasporto – con droni e trasporti automatizzati – e riduci di nuovo i costi del trasporto di beni e servizi.
G: Questo spazza via completamente il modello di business delle compagnie energetiche
R: Lo ha già fatto. Dieci anni fa, noi pensavamo che le più grandi compagnie energetiche in Germania – EnBW, RWE, Vattenfall and E.ON — fossero invincibili. Erano organizazzioni verticalmente integrate. Quello che è accaduto loro negli ultimi 10 anni è la stessa cosa che è capitata all’industria della musica, dell’editoria e dei media. Le persone hanno cominciato a creare cooperative energetiche – contadini, abitanti in città, piccole aziende hanno cominciato a mettersi assieme. Ognuno di loro aveva basse rate di interessi sui prestiti dalle banche. Nessuno di loro è stato lasciato per strada perché le banche sapevano che avrebbero ripagato il prestito con l’energia prodotta in più che potevano rivendere alla rete.
E le aziende energetiche non possono mettere in piedi un sistema scalabile nello stesso modo. La loro idea di energia centralizzata richiede infatti organizzazioni verticalmente integrate, mentre queste nuove energie necessitano di cooperative che permettano a ciascuno di raccogliere piccole quantità di energia solare o eolica nel posto in cui si trovano. E questo è un fatto schiacciante per le vecchie compagnie energetiche. Quindi queste sono già fuori gioco. Sanno che non possono competere a costo marginale zero.
Quello che noi dicevamo alle compagnie energetiche sette anni fa è che hanno bisogno di un nuovo modello di business. Non lascerai la seconda rivoluzione industriale domani mattina, ma dovrai comunque essere all’interno della terza rivoluzione industriale con un modello di business totalmente diverso.
G: Significa che lei è ottimistico riguardo alla COP21?
R: Penso che siamo in ritardo con il cambiamento climatico. Me ne occupo dal 1973, e mi sono sbagliato, pensavo che avessimo più tempo. Quello che nessuno di noi ha previsto è quanto sarà drammatico il cambiamento sui cicli di precipitazioni. Quello che il cambiamento climatico fa, per ogni grado Celsius, è il 7% in più di precipitazioni, e violenti eventi legati all’acqua.
Ora siamo terrorizzati dalle violenti tempeste di neve d’inverno, dalle violente inondazioni in primavera, o dalla siccità estiva, dagli incendi, dagli uragani come quello che ha colpito le Filippine, che è stato il più devastante della storia. Abbiamo avuto le inondazioni in Carolina l’anno scorso, inondazioni che durano da un centinaio di anni. E’ la nuova normalità.
I cicli d’acqua ci porteranno all’estinzione questo secolo. Questo è il difetto fatale dei discorsi sul cambiamento climatico: i leader tornano a questi discorsi per la ventunesima volta. (…)
Quello che manca in questi discorsi sul cambiamento climatico è una nuova visione economica, che può essere messa in pratica in ogni regione e personalizzata. Allora puoi rimettere le persone al lavoro, tutte le industrie combinate – telecomunicazioni, industrie informatiche, trasporti, costruzioni, imprese immobiliari, ecc – e metterci due generazioni per costruire questa realtà.
Se non c’è questo, tutti i discorsi sui cambiamenti climatici in dicembre, anche se ci si accorda su tutto, saranno inutili. Stiamo ancora andando in direzione di una temperatura doppia rispetto a quella che avevamo 50 milioni di anni fa. Ci potrebbe essere un’estinzione massiva alla fine del secolo.
Quindi la COP21 è solo un salotto di chiacchiere. Parlare è economico. Dovreste vedere quello che succede in Nord-Pas-de-Calais. C’è un’intera regione mobilizzata – 3000 aziende sono andati a seminari, stiamo creando nuove reti, le università stanno cambiando interamente la loro pedagogia. Stiamo prendendo 850 milioni di euro di prestiti, e usando abilmente il denaro privato per ammodernare e trasformare ogni scuola in una centrale di produzione da connettere alla rete. Almeno 1 milione di euro solo per i licei! Quello che sto dicendo è che se una regione come Nord-Pas-de-Calais può farlo, ogni regione del mondo può farlo.